Il mercato del lavoro è nel XXI° secolo. Perchè il nostro sistema educativo non lo è?
I lavori di oggi sono molto diversi da quelli di 15 anni fa (l’arco temporale di una generazione) e tutti noi, dai Gen Z ai Boomer, stiamo affrontando un mondo del lavoro che è più mutevole e imprevedibile che mai. Negli Stati Uniti, la durata media di un singolo lavoro è sotto i 4 anni, secondo il Bureau of Labor Statistics. Il set di competenze richieste continua a cambiare, in ogni settore.
Questo rapido ritmo di cambiamento nei posti di lavoro e nelle skills implica che vi è una crescente richiesta non solo di aggiornamento, ma di radicale cambiamento e arricchimento. In base al rapporto sulla riqualificazione della forza lavoro del World Economic Forum, un adulto su quattro ha segnalato un disallineamento tra le competenze di cui dispone e le competenze di cui avrebbe bisogno per svolgere il suo lavoro attuale.
Competenze per il secolo sbagliato
Le opportunità di lavoro oggi disponibili appartengono al XXI° secolo. Ma il modo in cui lavoriamo è ancora bloccato nel secolo precedente. Come lo sono la società, la formazione e l’ educazione delle persone.
Nel XIX° secolo c’è stato un massiccio movimento dai centri rurali ai centri urbani.
Il sistema di istruzione primaria e secondaria è stato creato per formare la forza lavoro per il “nuovo” mondo del lavoro nelle città, manuale o intellettuale.
Nel XX° secolo il lavoro è stato dominato dalla fabbrica. Il sistema di istruzione costruito nel secolo precedente era, con alcune modifiche, ancora adatto alla formazione di buoni operai e di buoni dirigenti. Il Management si è concentrato su una serie di strumenti per ottimizzare quel tipo lavoro, puntando su modelli di efficienza operativa. La gestione delle persone era prevalentemente vis a vis. Le coperture sanitarie e previdenziali erano legate a contratti di lavoro rigidi.
Nel XXI° secolo vediamo e viviamo nuovi modelli di lavoro. Nelle aziende più avanzate, i team stanno imparando ad essere più agili, a lavorare con squadre distribuite e remote, ad adattarsi a condizioni in continua evoluzione. Questo è il futuro del lavoro.
Eppure l’istruzione non ha tenuto il passo. Inviamo ancora i nostri figli attraverso una serie fissa di fasi di istruzione primaria e secondaria, fino alla laurea, che è un prerequisito per alcuni lavori. Ma tale modello, in realtà, non prepara nessuno per un mondo flessibile, in cui le competenze diventano in gran parte obsolete nel momento in cui si finisce un corso di laurea di 4 anni. E la formazione sul posto di lavoro non è sufficiente a colmare il divario.
Il rapporto Future of Jobs 2025 del World Economic Forum ha rilevato che i datori di lavoro segnalano una carenza di talenti sempre crescente negli ultimi 15 anni
Cosa possono fare i singoli?
Tenuto conto di questa situazione, i lavoratori dovrebbero orientare in modo proattivo lo sviluppo delle proprie competenze, riconoscere di aver bisogno di una formazione continua, e prendersi la responsabilità della propria istruzione. Farlo è essenziale per migliorare la propria “spendibilità” negli anni a venire.
Il primo passo è chiedersi: le mie competenze sono ancora richieste? Quale è la prospettiva di queste abilità?
Su quali competenze potrei lavorare oggi per aumentare il mio potenziale di occupazione e reddito nei prossimi anni?
E’necessario fare questo esercizio con regolarità.
Se la vita media di una competenza è 10 anni, allora ogni 5 anni quella competenza vale circa la metà di 5 anni prima.
Dunque devo valutare le mie competenze ogni due o tre anni, e iniziare ad apprenderne di nuove, anticipando i tempi.
Per esempio, se sono un camionista, posso rendermi conto che i veicoli a guida autonoma sono una probabile minaccia per il mio lavoro, forse non quest’anno o l’anno prossimo, ma certamente entro cinque o dieci anni. Allora non devo aspettare che i camion auto-guidati abbiano già affollato le autostrade per iniziare a costruirmi un’abilità nuova e un nuovo lavoro. Devo iniziare a farlo quest’anno, così sarò pronto quando arriverà il momento.
Ma non ci si deve sentire obbligati a ricominciare da zero un ciclo di apprendimento o istruzione ogni 5 anni.
Molte delle competenze necessarie per svolgere lavori in declino sono applicabili anche ai lavori in crescita: basta capire quali sono e orientarle in quella direzione. E per quanto riguarda le competenze da acquisire, si possono fare cambiamenti in piccoli passi: non ti trasformerai da minatore di carbone a programmatore in una notte, ma è possibile acquisire competenze di base che vadano nella direzione che ti interessa.
Col passare del tempo, si devono prendere decisioni su quale lavoro scegliere per il futuro in funzione di quanto quel lavoro ci permette di imparare.
Per quanto suoni innaturale e faticoso, serve dare priorità ai lavori in cui si imparano preziose competenze nuove.
Cosa possono fare le aziende?
Non si può lasciare tutta la responsabilità in capo ai singoli individui, che oltretutto faticano a capire in quale direzione occorre andare.
Le imprese e i governi hanno l’obbligo morale e di business di guardare avanti, fare scenari e supportare i lavoratori verso il cambiamento.
Le aziende dovrebbero offrire formazione flessibile per tutti, sia dipendenti che freelance.
In alcune aziende il management è riluttante a farlo. “Se formiamo la gente, poi se ne va” .
La controreplica è semplice: “E se non li formiamo, e restano, cosa accade a loro e a noi?”
Se nessuno si assume la responsabilità della formazione, ipotizzando che qualcun altro (un’altra azienda, l’università, il governo) se ne occuperà, ci stiamo preparando ad una tragedia annunciata. E in molti settori è già così.
Per facilitare questo tipo di cooperazione, un grande ruolo assume la partnership pubblico-privato.
Programmi di tirocinio, apprendistato e formazione professionale preparano le persone a posti di lavoro per cui c’è più richiesta.
Germania e Svizzera hanno ottenuto grandi risultati dai programmi di sviluppo di competenze tecniche per adulti, e i loro modelli potrebbero essere estesi ad altri.
In ogni caso, però, la presa di responsabilità del singolo è fondamentale.
Bisogna prendere in carico il proprio futuro adesso, e iniziare a lavorare per acquisire competenze utili per il futuro.
Come?
Leggere tanto.
Segui i cambiamenti e le tendenze della tua professione, del tuo settore e dell’economia in generale.
Tieniti informato e cerca di lavorare nei settori e nelle aziende che hanno una prospettiva positiva e una sostenibilità a lungo termine.
Fai un’analisi PEST del tuo settore (e di altri settori che ti interessano): considera come i cambiamenti politici, economici, sociali e tecnologici modellano il contesto di interesse.
Potresti anche analizzare l’attrattività della tua azienda usando le cinque forze di Porter e l’analisi USP . E se la tua analisi suggerisce che la tua azienda non è in grado di resistere ai cambiamenti, pensa a cosa puoi proporre per contribuire a rendere la tua azienda più resiliente, oppure preparati ad andartene.
Scegliere almeno una competenza nuova da migliorare ogni anno.
La specializzazione può pagare in alcuni ambiti stabili, ma anche lì si corre sempre il rischio che le competenze e conoscenze diventino obsolete. Per allenare nuove competenze possono tornare utili applicazioni come Strides e Lifetick .Pensare in modo globale
Le aziende operano a livello globale, e sono culturalmente più diversificate che mai.
Più esperienze eterogenee puoi fare, più sarai sicuro di te. E questo ti renderà anche più interessante per i datori di lavoro nel futuro.
Puoi sviluppare la tua capacità di lavorare su un piano globale imparando a lavorare con culture diverse, richiedendo incarichi che offrono un’esposizione internazionale o connessioni sovranazionali, e imparando molte lingue.
E’ on line l’intero Rapporto del World Economic Forum, dedicato al futuro del lavoro.
Il World Economic Forum offre anche una interessante NewsLetter settimanale su LinkedIn