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Paura di cambiare? Capiamo perché

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Quando facciamo fatica a cambiare, così come quando vediamo persone intorno a noi far fatica a cambiare, è alta la probabilità che un diritto fondamentale non venga rispettato. La breve tabella che segue, ideata da Christine Comaford di SmartTribes, riassume i diritti fondamentali di ogni essere umano, che sono legati a bisogni altrettanto fondamentali.

I diritti umani di base, individuati da SmartTribes, sono cinque

  1. il diritto di esistere
  2. il diritto di avere bisogni
  3. il diritto di agire
  4. il diritto di avere conseguenze dalle proprie azioni
  5. il diritto di amare ed essere amati

I bisogni umani primari, da Maslow in avanti, sono fondamentalmente tre:

SAFETY – SICUREZZA

BELONGING – APPARTENZA

MATTERING – SCOPO

Spesso una resistenza o comportamento disfunzionale sono legati ad un diritto umano basilare che la persona non vede rispettato, o ad un bisogno non soddisfatto.

Invece che giudicare o isolare quella persona, è molto più utile avvicinarsi, aiutarla a vedere il bisogno insoddisfatto, e a trovare modi per soddisfarlo. Solo così potrà cambiare!
Anche perchè molto spesso le persone non si rendono nemmeno conto di mettere in atto comportamenti non utili o controproducenti: lo fanno in modo automatico, istintivo (i famosi blind spots)
Possiamo “alzare lo specchio” di fronte a loro, con rispetto, genuina curiosità e desiderio di aiutare.

Lo stesso vale per noi.
Possiamo iniziare un lavoro di consapevolezza, per renderci conto di quando adottiamo un comportamento difensivo, non utile o disfunzionale. La Comaford li chiama comportamenti del “critter state“, che vengono direttamente dalla parte più antica del cervello, quella che cerca di difendere la nostra identità e integrità fisica e mentale, quella che è agganciata alla paura di non veder onorato un bisogno primario: sicurezza, appartenenza o scopo.

Dobbiamo dare un nome a ciò che ci capita e capire cosa ci sta dicendo.
Fare questo ci aiuta da un lato a perdonarci, dall’altro a cambiare, scegliendo di andare verso un “sage state“, quello in cui non siamo vittima di ciò che ci capita ma scegliamo, non “reagiamo” ma “rispondiamo” con intenzione a quel che accade.

Ecco uno schema utile realizzato da Smart Tribes per esemplificare alcuni comportamenti non utili molto diffusi: sono certa ne riconoscere molti.

Liberamente tratto da SmartTribes ©2011-2018 SmartTribes® Institute, LLC – www.SmartTribesInstitute.com

Quello che è suggerito nelle ultime colonne della tabella è ovviamente molto più facile da fare se guidato da un collega, un amico o un coach.

Se stiamo lavorando su noi stessi, è prezioso un compagno che ci fa le domande giuste, qualcuno che ci inviti a dare un nome alle emozioni che stiamo provando e ai bisogni che stanno manifestando, che ci accompagni a individuare come soddisfare quei bisogni, come guardare le cose in un modo diverso, come diventare più consapevoli degli effetti del nostro agire e del nostro non agire.

Se osserviamo un amico o un collega avere comportamenti non utili, possiamo diventare noi quel compagno fidato, oppure consigliare di trovare una persona di fiducia che possa essere il suo specchio e il suo alleato. Ma la base è che la persona riconosca che c’è un tema da affrontare, perchè ci sono conseguenze se non lo si fa, e abbia voglia di fare la “fatica che serve”

Se volete approfondire con un webinar di 30′, ecco il link

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