Quando facciamo fatica a cambiare, così come quando vediamo persone intorno a noi far fatica a cambiare, è alta la probabilità che un diritto fondamentale non venga rispettato. La breve tabella che segue, ideata da Christine Comaford di SmartTribes, riassume i diritti fondamentali di ogni essere umano, che sono legati a bisogni altrettanto fondamentali.
I diritti umani di base, individuati da SmartTribes, sono cinque
I bisogni umani primari, da Maslow in avanti, sono fondamentalmente tre:
SAFETY – SICUREZZA
BELONGING – APPARTENZA
MATTERING – SCOPO
Spesso una resistenza o comportamento disfunzionale sono legati ad un diritto umano basilare che la persona non vede rispettato, o ad un bisogno non soddisfatto.
Invece che giudicare o isolare quella persona, è molto più utile avvicinarsi, aiutarla a vedere il bisogno insoddisfatto, e a trovare modi per soddisfarlo. Solo così potrà cambiare!
Anche perchè molto spesso le persone non si rendono nemmeno conto di mettere in atto comportamenti non utili o controproducenti: lo fanno in modo automatico, istintivo (i famosi blind spots)
Possiamo “alzare lo specchio” di fronte a loro, con rispetto, genuina curiosità e desiderio di aiutare.
Lo stesso vale per noi.
Possiamo iniziare un lavoro di consapevolezza, per renderci conto di quando adottiamo un comportamento difensivo, non utile o disfunzionale. La Comaford li chiama comportamenti del “critter state“, che vengono direttamente dalla parte più antica del cervello, quella che cerca di difendere la nostra identità e integrità fisica e mentale, quella che è agganciata alla paura di non veder onorato un bisogno primario: sicurezza, appartenenza o scopo.
Dobbiamo dare un nome a ciò che ci capita e capire cosa ci sta dicendo.
Fare questo ci aiuta da un lato a perdonarci, dall’altro a cambiare, scegliendo di andare verso un “sage state“, quello in cui non siamo vittima di ciò che ci capita ma scegliamo, non “reagiamo” ma “rispondiamo” con intenzione a quel che accade.
Ecco uno schema utile realizzato da Smart Tribes per esemplificare alcuni comportamenti non utili molto diffusi: sono certa ne riconoscere molti.
Quello che è suggerito nelle ultime colonne della tabella è ovviamente molto più facile da fare se guidato da un collega, un amico o un coach.
Se stiamo lavorando su noi stessi, è prezioso un compagno che ci fa le domande giuste, qualcuno che ci inviti a dare un nome alle emozioni che stiamo provando e ai bisogni che stanno manifestando, che ci accompagni a individuare come soddisfare quei bisogni, come guardare le cose in un modo diverso, come diventare più consapevoli degli effetti del nostro agire e del nostro non agire.
Se osserviamo un amico o un collega avere comportamenti non utili, possiamo diventare noi quel compagno fidato, oppure consigliare di trovare una persona di fiducia che possa essere il suo specchio e il suo alleato. Ma la base è che la persona riconosca che c’è un tema da affrontare, perchè ci sono conseguenze se non lo si fa, e abbia voglia di fare la “fatica che serve”
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